Restaurata nel 1977, la tela, forse leggermente ritagliata sui lati, si presenta come una replica quasi integrale dell’Immacolata del Museo di Messina.
Essa rileva i caratteri dell’arte del Tomasi, non più incerta ma non ancora raffinata, per cui, se si include la datazione, ci trova pienamente concorde la proposta di attribuzione redatta per la Soprintendenza, così espressa: “Giuseppe Tomasi (attr.) – XVII sec. – Raffigura … E’ opera di discrete qualità e rivela la mano del pittore locale G. Tommasi, che potrebbe averla dipinta intorno al 1650-55”.

L’attribuzione della tela di Tortorici al Tomasi è consentita dai suoi caratteri stilistici: la struttura semplice, equilibrata nella distribuzione simmetrica delle masse (dieci simboli e scritte per ciascun lato), la definizione dei contorni, l’armonica disposizione dei colori: tutto con pennellata uniforme e dosata, delicata e decisa; il problema della luce, tuttavia, pare risolto ancora contraddittoriamente, in alto come se la fonte luminosa fosse sul lato destro ed in basso come se fosse frontale: esattamente come nell’Immacolata di Alcara, opera prima dell’Artista. Con quella di tale dipinto agevolmente si confronta l’ondulazione dei capelli della Vergine, d’un tizianesco sfumato: quasi una costante nelle Madonne del Tomasi, che è possibile individuare anche nei dipinti posteriori e fin nell’Immacolata  di Militello, del 1672, allo stato delle ricerche opera ultima. Tra altre costanti, ben si rivelano nell’Immacolata  in esame il fondo giallo-oro, il rossastro della veste della Vergine ed il blu-verde del suo manto; le pieghe si possono confrontare con quelle dei dipinti posteriori, anche se non appaiono ancora naturalmente morbide e sciolte. Non trova riscontro, nelle opere successive, il disegno della scollatura della veste, ma tale scollatura è perfettamente conforme a quella riprodotta nel più volte citato dipinto del 1631.